Nina era la grande mastra di Aspra. A lei, donna di indubbia moralità, le madri affidavano la formazione delle loro figlie, iniziate nella sua casa ai segreti del ricamo e del cucito. Ancora bambine, armate di ago, filo e tanta voglia di condividere insieme le giornate, cominciavano l’apprendistato. Nina inforcava i suoi occhiali dorati e col suo innato garbo insegnava la disciplina dell’operosità.
Un giorno, suo marito accompagnò il fratello a Mongerbino, per proteggerlo dalle minacce di malavitosi, che lo avevano accusato di aver commesso un peccato, in realtà alquanto veniale. Incontrandoli, tentarono in tutti i modi di farli ragionare, di far loro comprendere: fu tutto vano! Furono uccisi, senza alcuna pietà. Nina era inconsolabile. Nelle notti, sola nel suo letto, non si dava pace; era inconcepibile che due fratelli, tanto buoni e abili fossero stati annientati dalla stupidità del male.
Il tempo passò, la disperazione si rassegnò e Nina ritrovò la via delle sue doti innate di educatrice e di insegnante, consegnó le sue esigue speranze ai libri e divenne un’affabulatrice, una delicata affabulatrice. Leggeva tutte le sere, fino a tarda notte, ciò che il giorno seguente avrebbe narrato alle ragazze, tese, tra un punto e un sotto punto, ad ascoltarla. Difficilmente desideravano tornare alle loro case, volevano quasi che il giorno non volgesse mai al termine, per sentirla raccontare storie su storie, leggende su leggende. Non si sparlava nel suo opificio, non c’era né il tempo, né l’abitudine, né la volontà. Le sartine coltivavano così la sana curiosità, il desiderio di sapere altro, sognare di viaggiare nei catartici mondi virtuali concessi a quel tempo, di cui ogni giovane donna poteva fantasticare.
Incantava dolcemente al lavoro, Nina, snocciolando episodi e procrastinandone la fine come una moderna Sherazade dei mille e un giorno. Nella sartoria, le ragazze condividevano le loro ansie, i primi amori e accarezzavano i loro sogni tra un avvenente Blasco e un intrepido D’artagnan. Di tanto in tanto un raggio di sole entrava nella stanza, illuminando vesti e tele in attesa. Quei momenti scaldavano il cuore…e si cantava… si cantava…Nina per un periodo ebbe la compagnia di sua cugina Rosetta, dopo tempo, assecondando il desiderio di sua figlia Giovanna, di averla con se, partì verso l’America.
In quella terra, visse in una sorta di dimensione sospesa, nel rimpianto di una vita dirottata verso luoghi e tempi mai considerati e la nostalgia per quei ricami e quei colori che avevano prodigiosamente alquanto sfumato le tinte fosche dei suoi giorni.