Crebbe in una famiglia numerosa, da cui non si discostò mai. In momenti di assoluta indigenza, entrava nelle campagne, raccoglieva ortaggi e sfamava alcuni parenti in attesa davanti ai cancelli. Ciccio, il marito, aggredito ancora giovane da una malattia agli occhi, in poco tempo divenne cieco. Furono anni duri. La precaria situazione in cui versavano tutte le famiglie, fu per loro più aggravata da quell’infermità. Eppure, Giuvannina anche nella miseria, continuava con dignità a mandare avanti i suoi figli. Sapeva gestire bene la casa e di tanto in tanto andava a mezzo servizio nella famiglia Scordato, tra le più in vista del paese. Un giorno, uscì di casa risoluta a nutrire meglio i suoi quattro bambini. Sapeva che nella vicina cappilluzza delle anime sante, la gente portava olio per grazie ricevute. Si recò lì, si rivolse alle sacre immagini e, pittoresca com’era, chiese:-Vui piimittiti?- Chi tace acconsente! Prese con se qualche bottiglia e corse a condire la pasta ai suoi piccoli. Da allora tornò in quel santo luogo per rifornirsi di quel bene tutte le volte che ne aveva bisogno. Qualcuno ad Aspra lo sapeva e in silenzio legittimava quelle azioni; in fondo, Giuvannina aveva precorso i tempi, sperimentando una sorta di olio sospeso. Era cresciuta in una modesta dimora affollata e sin da bambina aveva avvertito l’esigenza di crearsi un cantuccio dove rifugiarsi. In quel piccolo antro, si estraniava con i libri, e incamminandosi in mondi immaginari, girava le pagine del suo quotidiano. Nino Provenzano e Battista Blando lo sapevano, consci dell’importanza della conoscenza, periodicamente le prestavano i loro libri. Dopo anni di romanzi e poemi, cominciò ad assimilarne i protagonisti. Li possedeva, li custodiva, e nei pomeriggi assolati, li liberava, riconfigurati in chiave del tutto personale. E allora vicini e bambini, accorrevano al baglio per ascoltare l’”Odissea apocrifa secondo Giuvannina”. Interpretava i vari ruoli, adattando caratteristiche fisiche, dettate dai suoi canoni estetici, immaginando Ulisse biondo e con occhi azzurri, Circe e Nausica con occhi neri e magari a mandorla, tutti personaggi rivisitati dalla cultura del mare e di Aspra. Ciccio, da copione, amava l’episodio di Polifemo, lo ascoltava e riascoltava cento, mille volte, e si rivedeva in quel ciclope monocolo, vittima della mala sorte che un giorno gli aveva oscurato la via. Giuvannina amava tanto la musica, diceva sempre: -Chi non ama la musica, non ama l’amore-Una volta, ormai anziana, volle concedersi un regalo: un mobile radio con giradischi annesso, tutto suo. Ogni mese riscuoteva la modesta pensione, comprava un vinile e lo portava a casa. Era il suo omaggio più grande alla vita, a quella vita, malgrado tutto. Di sera con Ciccio, mano nella mano, ascoltavano quei brani e insieme si accompagnavano nel canto. Quelle note evocavano momenti mai vissuti, di cui ora erano protagonisti e quelle due stanze all’improvviso, si elevavano lontano e ancora più lontano, arrivando fin là, in quella magica “casa in cima al mondo”.